GDL La Sapienza delle contraddizioni - Le certezze del dubbio
Il gruppo di lettura dedicato alla scrittrice Goliarda Sapienza nell'anno del centenario della sua nascita. Quinta tappa: Le certezze del dubbio.
Roma torna prepotentemente nel secondo libro sull’esperienza di Rebibbia, a volte prendendo le sembianze del carcere, altre mettendo in mostra il suo fascino antico e sornione. Le sue strade, i suoi abitanti, la sua lingua s’addensa, insolente, nel quinto tassello dell’autobiografia della scrittrice catanese.
Dopo il successo di critica e pubblico dell’Università di Rebibbia, Goliarda Sapienza scrive febbrilmente altri due testi del suo ciclo autobiografico: Le certezze del dubbio concluso nel 1983 e in seguito1 Appuntamento a Positano nel 1984. Tuttavia il precedente editore, Rizzoli, rifiuta entrambi i romanzi che resteranno silenti nel cassetto per diversi anni2: la prima edizione del secondo testo sull’esperienza carceraria vedrà luce nel 1987 grazie agli sforzi di una piccola casa editrice, la Pellicanolibri, fondata poco tempo prima da Beppe Costa, scrittore e amico dell’autrice, senza però ricevere giusta attenzione da critica e pubblico.
Vero e proprio proseguimento del testo precedente, in quest’opera ricompaiono temi e personaggi già incontrati: qui l’autrice esplora e indaga più a fondo la sindrome dell’affezione carceraria e il paradosso della libertà tra dentro il carcere e fuori dal carcere.
Le certezze del dubbio, proprio come il libro precedente, è stato inserito dalla studiosa Mariagiovanna Andrigo nel periodo espressionista-interattivo3 della scrittura di Sapienza: anche qui la volontà è più di testimonianza che di autoanalisi4. Tuttavia se il passato aveva un ruolo, seppur marginale, nell’Università di Rebibbia, nel secondo testo sul carcere la memoria è soltanto un collante che tiene insieme le ex detenute, il suo ruolo è pragmatico non intimistico5; inoltre non si tratta più di un testo corale, ma piuttosto incentrato su una co-protagonista, Roberta. Ciononostante Sapienza non abbandona mai la sua posizione di narratrice ed è sempre il suo punto di vista a orientare chi legge.
ATTENZIONE: da qui in poi troverai spoiler, fermati se non hai terminato la lettura de Le certezze del dubbio!
L’immagine di piazzale Clodio, dove Goliarda Sapienza si trova per assistere a un processo di cui scriverà per «Quotidiano donna», apre l’opera:
Da quando m’avevano sbattuta fuori dal carcere in attesa di giudizio avevo preso anch’io a percorrere quelle piccole strade lastricate di sampietrini che ininterrotte conducono dall’esterno di piazzale Clodio dentro il nuovo Palazzo di Giustizia: quel percorso stava a significare (nella mente progressista dell’architetto) che ormai la giustizia era scesa dal suo trono inaccessibile e segreto e si svolgeva per le strade, sotto gli occhi di tutti, alla portata di chiunque avesse voglia di prendere parte alla cerimonia… Così andavo rimuginando fra me e me, ridendomela di quell’ennesima utopia novecentesca che andava a rotoli.
Poco dopo, in quel piazzale, le pare di intravedere Roberta, ex detenuta politica e compagna di cella, che però sembra non averla notata o aver scelto deliberatamente di ignorarla: «Forse è il destino di chi si è incontrato in carcere […] tornati alla vita di tutti i giorni, si dimentica».
La prima parte della narrazione è caratterizzata da questo tono di sconforto e di delusione per la freddezza di Roberta e per la difficoltà del tornare a vivere nella società esterna al carcere: com’è evidente sin dall’incipit il fuori è indicato con un’accezione negativa e dolorosa, mentre il dentro è ricordato come un luogo di libertà per cui provare nostalgia.
Le certezze del dubbio è una spasmodica ricerca di luoghi che possano dare l’illusione di trovarsi ancora, felici e libere, a Rebibbia:
[…] il passaggio dal carcere al mondo esterno non avviene da uno stato di detenzione ad uno di libertà ma bensì da due stati di detenzione differenti.
Questo modo di vivere il fuori rimanda alla cosiddetta sindrome dell’affezione carceraria di cui Sapienza veniva già informata nell’Università di Rebibbia e di cui adesso fa esperienza. Appare evidente infatti come il tono disilluso che apre Le certezze del dubbio venga meno nel momento in cui torna sulla pagina Roberta e la sua facoltà di materializzare la nostra cella e riproporla filtrata attraverso il suo desiderio come unico luogo mitico a cui nell’appiattimento generale […] approdare.
Particolarmente importante in tal senso è la parte centrale dell’opera, quando viene narrato l’episodio in cui compare anche Barbara, terza abitante della cella di Rebibbia. Durante quella nottata le tre amiche compiono un vero e proprio tentativo di rivivere l’esperienza del carcere, trascorrendo il tempo nel negozio di Barbara sino all’alba: la saracinesca è chiusa, il fuori non può entrare, il tempo è dilatato come quello carcerario.
Goliarda, Roberta e Barbara non sperimentano soltanto un’affinità emotiva, ma anche una vicinanza corporea che, per quanto possa rimandare a un inespresso desiderio erotico delle tre, non è nient’altro che l’ennesimo modo di tornare a Rebibbia:
Quante volte ho assistito a questi scambi di ruoli con cui le detenute – solo adesso mi è chiaro – compensavano l’assenza atroce del padre, della madre, dell’amante, del figlio, del fratello […]. Ed ecco che un ennesimo comportamento collettivo da me allora erroneamente collocato fra le modalità riduttive del gioco (esiste poi il gioco?), mi si rivela ora come una delle valvole di scarico delle passioni, indispensabile per non perire sotto quella vera e propria lastra tombale che è il carcere.
Il legame che unisce le ex compagne della cella 27 è talmente forte e viscerale da diventare simbiotico, soprattutto nel caso di Goliarda e Roberta: i dialoghi sono ormai superflui, non serve loro parlarsi per comprendersi. Tra le due c’è un rapporto intenso e ambiguo, non solo di sincera amicizia, ma anche materno e filiale: toccante, a tal proposito, il brano che chiude il testo.
Riuscirò io, privata dalla natura malvagia della gioia di partorire, riuscirò io a forgiare dentro di me quel piccolo bozzolo informe di carne in una bambina se non bella né buona, almeno non deforme o mancante di qualche arto? Ecco l’ancestrale terrore che tutte le donne provano ogni qualvolta sentono crescere un essere in sé… Sarò in grado di superare questo terrore, e prendendo carta e penna accingermi a questo travaglio carnale e mentale che per mesi dovrò affrontare ogni mattina e forse ogni ora? Non lo so, mi tocca buttarmi nel vuoto riandando a lei, ricercandola, ingravidandomi della sua immagine e maturarmela dentro, nutrendola costantemente finché finalmente modellata possa uscire dal buio alla luce: Roberta, figlia mia.
Tema importante ne Le certezze del dubbio è anche quello della scrittura.
Incoraggiata dalla sua amica, Sapienza dichiara a noi lettori le ragioni per le quali scrive, esplicitando così il senso ultimo di tutta la sua opera.
– […] Perché scrivi?
– Oh, per due sole ragioni! Per stronarmi – esattamente come per te l’eroina –, solo questo mi fa mordere la vita. Per me quella che chiamiamo vita prende consistenza solo se riesco a tradurla in scrittura. […] la seconda è una conseguenza della prima: raccontare agli altri – non credo che si scriva per se stessi – i visi, le persone che ho amato e così, lo so che può sembrare sentimentale e ingenuo ma me ne frego, e così – dicevo – allungare di qualche attimo la loro esistenza e forse anche la mia.
Goliarda e Roberta sono inoltre legate da un progetto di scrittura, quello di mettere insieme un’antologia di lettere di detenuti per poter così creare una testimonianza della vita carceraria, con tutti i problemi e le difficoltà presenti.
Come ben sappiamo questo progetto non vedrà luce e il dittico su Rebibbia dell’autobiografia delle contraddizioni prenderà il suo posto. Tuttavia l’autrice non manca di parlarne all’interno dell’opera, mostrando le lettere e i documenti dal carcere che Roberta le affida6.
Così camminano frettolose le due amiche per le strade della città, Roma è la loro giungla urbana, il loro carcere labirintico, un luogo che le rigetta e le accoglie allo stesso tempo, sedute nei bar più miseri a bere whiskey affogato nel ghiaccio.
Sapienza comincia qui un discorso che riprenderà anche nel libro successivo7, mettendo in mostra la metropoli variegata e asfissiante che fa sentire estraneo chiunque ci viva: è il problema dell’avvento massiccio della globalizzazione, che tutto sveste e mortifica.
Ciononostante Roberta, romana sin dalla culla, non crede che Roma crollerà all’omologazione fallimentare alla quale tutti gli altri luoghi sembrano essere destinati: accada quel che accada, la sua essenza rimarrà immutata.
Come è cambiata la città qui sotto! Tutti corrono, le donne portano i tacchi bassi, sembra quasi Milano! Ma la vecchia gatta pigra e sorniona che ronfa sopra le nostre teste ne darà filo da torcere prima di piegarsi alle esigenze dell’avvento della società di massa! […] Non ti ho mai detto, credo, che io sono nata e cresciuta a Trastevere. Come ero felice di svegliarmi là da bambina! Ma poi quei cazzoni dei miei genitori per essere à la page si sono andati a trovare quell’immondo ghetto sterilizzato del quartiere Nomentano con l’alibi del verde e della quiete! L’unica cosa che mi ha dato soddisfazione è stata la vendetta che lo spirito di Roma ha escogitato. Ammazza come s’è vendicata la miciona! Ha fatto crescere quel quartiere a tal punto che ora sembra di stare in una periferia del Terzo mondo…
Cari lettori, care lettrici, il nostro cammino per le strade di Roma si è concluso.
È giunto il momento di rimestare nei ricordi, tornare indietro di qualche decennio e spostarci in un luogo solitario e soleggiato, simile a un sogno: ci ritroviamo il mese prossimo con Appuntamento a Positano.
Mentre Le certezze del dubbio riprende temi e personaggi del testo precedente, come vedremo, seguendo una cronologia lineare, Appuntamento a Positano narra di episodi lontani nel tempo e del tutto distanti dai libri precedenti. Cosa accomuna dunque questi ultimi due testi, scritti a così breve distanza l’uno dall’altro? In realtà molti temi preponderanti, come la critica alla società dei consumi e alla globalizzazione, oltre a quello relativo al rapporto d’ambigua amicizia tra donne.
Soprattutto il secondo, Appuntamento a Positano, che sarà edito circa trent’anni dopo la sua stesura.
Cito dall’articolo precedente: […] caratterizzato da un taglio documentario, più simile ad una testimonianza, un’inchiesta socio-antropologica nella comunità deviante. Lo stile appare asciutto ed essenziale, denso di descrizioni e scevro dai lunghi excursus introspettivi ai quali Sapienza ci aveva abituati, non più un monologo dell’autrice con il lettore, piuttosto un dialogo continuo.
Come nei primi libri della cura: Lettera aperta e Il filo di mezzogiorno.
G. Sapienza, Le certezze del dubbio: «il vostro acconsentire a stare insieme così a lungo è segno che anche per voi il ricordo di là non s’è perduto…»
G. Sapienza, Le certezze del dubbio: Già, con Roberta nei lunghi pomeriggi domenicali e in tutte le sere che m’era possibile andare da loro cominciammo – senza più occuparci d’altro – prima a ricopiare e poi a fare la prima scelta delle lettere del carcere che lei tanto tempo prima mi aveva consegnato, per farne un volume: lettere di politici e soprattutto di comuni…
Appuntamento a Positano, vedi nota 1.